Il cetriolo mi resta sullo stomaco e anche sulle palle.
Nei mesi estivi i piatti sono rigonfi di questo ortaggio, forse chi ce lo mette pecca di presunzione, mi impegno a farmelo piacere, ma alla fine lo odio.
Ovvio che non è solo una questione gastronomica, le tele e i disegni a cui sto lavorando parlano del cetriolo per non raccontare cose scomode, per non arrabbiarsi esplicitamente con qualcuno di preciso, per dichiarare un po’ in disparte che in giro esistono situazioni indigeribili. Un eterno Conflitto, anzi un Konflitto, dove la K al posto della C rafforza la rabbia e la rende visibile.
Un esempio? Chiamo cetriolo l’ipocrita.
Ciao.
ENRICO PANTANI
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